Le ali della psicologia

Mamma, papà sono arrabbiato! I capricci e la rabbia del bambino, dispetto o opportunità di crescita?

Il capriccio può essere considerato una modalità che il bambino utilizza per comunicare un disagio in diverse situazioni, poiché è ancora immaturo per poter gestire lo stress e le emozioni in maniera più adeguata, dovrà impararlo grazie al modo in cui i genitori gestiranno i capricci e li trasformeranno in occasioni di apprendimento.

Cosa vuole comunicare il bambino? I capricci si svolgono sempre su due piani, quello esplicito che fa riferimento alla specifica situazione e che di solito coinvolge motivazioni irrilevanti per entrambi (es. il bambino fa i capricci perché vuole il gelato e la mamma non glielo vuole comprare) ed il piano implicito, quello più importante, di cui di solito le parti coinvolte sono poco consapevoli, forse il bambino un po’ di più.

Quali sono i più frequenti aspetti in gioco, sul piano implicito, visti dal punto di vista di un bambino?

I capricci rappresentano l’unica espressione del bambino che deve comunicare un disagio e dovrà con il tempo e l’aiuto degli adulti imparare a tollerare le frustrazioni, comunicare i suoi bisogni e malesseri in maniera adeguata e saper gestire la rabbia e lo stress.

Se verranno gestiti all’interno di un clima autorevole ma accogliente i capricci potranno rappresentare una lezione ed una occasione per imparare insieme a gestire meglio le emozioni.

I capricci portano i genitori a sperimentare alti livelli di stress e frustrazione che potrebbero scatenare reazioni eccessive che diventerebbero diseducative. Occorre quindi, fare una distinzione tra “cervello razionale” e “cervello emotivo”.

Quando siamo calmi il nostro “cervello razionale” ci permette di ragionare in modo lucido. Riusciamo a riflettere sulle cose e ci comportiamo in modo costruttivo. Quando, invece, ci sentiamo sotto pressione il nostro corpo e il nostro cervello reagiscono di conseguenza: i muscoli si irrigidiscono, il battito cardiaco aumenta e il cervello entra in stato di panico. Il nostro “cervello emotivo” prende il sopravvento, non riusciamo più a pensare in modo lucido e reagiamo in modo emotivo. Di fronte ad un bambino che urla e piange ogni adulto si chiede quale sia la modalità più adeguata per gestire il capriccio e sono frequenti e del tutto normali sentimenti come la frustrazione, la confusione, sconforto e rassegnazione. Una volta adottata una strategia ci si chiede se è quella giusta oppure no e nella maggior parte dei casi i capricci continuano, essendo una normale manifestazione del disagio in età infantile. Il capriccio è da sempre considerato un modo inadeguato ed eccessivo del bambino di voler imporre all’adulto la propria volontà, con un comportamento che mette a dura prova anche il genitore più paziente. La situazione diventa ancora più pesante se questo avviene in luogo pubblico o davanti a persone da cui ci si sente giudicati.

Gli stati d’animo che queste reazioni suscitano nell’adulto sono in genere rabbia, frustrazione, senso di impotenza e di fallimento, scoraggiamento, imbarazzo.. Per far fronte a tali sentimenti spiacevoli si tende ad avere due atteggiamenti opposti:

Cosa si può fare allora per reagire in modo più costruttivo in queste situazioni? È importante riconoscere che queste situazioni si vengono a creare improvvisamente, provocate da problemi momentanei, non molto gravi (situazioni che richiedono soluzioni immediate). I nostri obiettivi in situazioni di questo genere sono spesso diversi da quelli di lungo termine. In queste situazioni si dovrà cercare di concentrarsi di più sugli obiettivi di lungo termine piuttosto che sugli obiettivi di breve termine. Se si riuscirà a farlo, lo stress che si prova in quei particolari momenti diventerà un’opportunità di dare ai nostri figli preziosi insegnamenti.

La via più efficace per ottenere dei risultati e consolidare una buona relazione è quella di cercare di capire cosa ci sia dietro ad un comportamento apparentemente insensato come quello del capriccio ed, allo stesso tempo mostrare comprensione ponendo però dei limiti al bambino. Si può stimolare il bambino a ragionare sul problema e sulla strategia alternativa al capriccio per risolverlo, insegnando così a gestire in maniera costruttiva le emozioni e a risolvere i problemi.

Quanto è difficile dire “no” ai bambini e quanto è importante per loro? Molto spesso si ha paura di entrare in conflitto con i propri figli. Certamente si fa fatica ad affrontare le lamentele, le richieste estenuanti, i capricci, le tensioni, le urla, ma al di là di questo, ciò che oggi gli adulti sembra facciano fatica a gestire più di tutto è la solitudine che deriva dal dire no. Il No implica una separazione, il conflitto pone distanza e pone un limite a quella unità fusionale, impossibile da mantenere perché il figlio è altro da sé, è una persona Altra che ha bisogno di limiti da testare nel suo processo di esplorazione della realtà. Dire no significa allora entrare in contatto, per il bambino significa riconoscere che oltre a sé esiste anche l’altro. Ma il no è anche conflittuale: sostiene il rapporto e ne accetta le complicazioni, non rinunciandovi neanche in caso di contrasto. Il no che fa parte di un progetto educativo condiviso il più possibile con i genitori, ha una funzione regolativa e di indirizzo che si integra bene con la componente affettiva e di legame con i figli.

Immaginiamo di osservare la situazione attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica. Con questo obiettivo si potrà “zumare in avanti” o “zumare indietro”. Se si zumasse in avanti si riuscirebbe a vedere soltanto i problemi di breve termine, provando lo stress e reagendo “emotivamente” solamente a quello che sta accadendo in quel particolare momento. Se invece si zumasse indietro si riuscirebbe ad avere una visione più ampia del contesto in cui si svolge quell’avvenimento potendo così vedere i fattori che hanno contribuito a creare quella particolare situazione, per esempio una reazione o un comportamento dell’adulto, considerando persino quale effetto essa potrà avere su eventi futuri.

In quest’ottica, i capricci, anziché fonte di stress per i genitori potrebbero diventare un’occasione di insegnamento per i più piccoli che imparerebbero a:

gestire lo stress;

comunicare con gentilezza anche in situazioni di tensione;

gestire le situazioni conflittuali senza ricorrere alla violenza;

tenere conto dei sentimenti degli altri;

raggiungere i propri obiettivi senza ferire gli altri a livello fisico o emotivo

Mamma, papà sono arrabbiato! I capricci e la rabbia del bambino, dispetto o opportunità di crescita?ultima modifica: 2020-01-23T12:31:45+01:00da
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